BREXIT, una vittoria per tanti britannici che avevano a più riprese dimostrato il loro disinteresse per rimanere legati all’Unione Europea
BREXIT, una vittoria per il Regno Unito che si candida a diventare il prossimo vero paradiso fiscale, accentuando tutta la forza finanziaria sui Paesi sicuri ed amici legati dal patto del Commonwealth che unisce le ex colonie britanniche di cui la maggior parte riconosce la Regina come capo di Stato.
E’ pur vero che molte nazioni aderenti al Commonwealth sono ad oggi delle Repubbliche indipendenti con un parlamento che legifera ed amministrazioni indipendenti, ma restano comunque unite ai reali d’Inghilterra riconoscendo la Regina d’Inghilterra quale capo del Commonwealth stesso e non come capo di Stato, ma consentendo scambi commerciali e finanziari interni ai vari Stati potenziando soprattutto il potere finanziario ed economico della Gran Bretagna.
La Gran Bretagna che tutti gli Stati Europei sentenziavano si dirigesse verso un baratro senza salvezza, ad oggi, iniziano a mettere in evidenza le loro debolezze perdendo 16 miliardi di euro di finanziamenti europei e non potendo più ricattare lo Stato britannico tentando di obbligarlo all’accoglienza di extra comunitari provenienti illegalmente dagli Stati Africani e cercando, come nel passato, di far pesare le loro decisioni sulla Gran Bretagna.
Con il BREXIT, l’Inghilterra, già indipendente finanziariamente per non aver mai voluto adottare l’Euro e l’imposizione fatta a tanti altri Stati europei grazie alla forza finanziaria dei suoi mercati e della Banca di Inghilterra che ha sempre continuato a stampare autonomamente la Sterlina o Pound, ha dato una spallata al muro che gli era stato costruito ad arte dall’Unione Europea, liberandosi e ritornando ad essere uno Stato sovrano e da sempre ben amministrato.
I disfattisti europei, prevedendo il grande rischio di una recessione degli Stati aderenti all’Unione Europea e temendo per la perdita di potere negli scambi commerciali, avevano tentato in tutti i modi di dissuadere l’Inghilterra dal separarsi dal resto d’Europa, arrivando al punto da portare ad un cambio di passo inglese con l’entrata in gioco del premier Boris Johnson.
Ma l’Inghilterra, forte della propria moneta, delle proprie industrie e delle proprie esportazioni non solo in territorio europeo ma proprio nei territori del Commonwealth ha saputo dare la giusta risposta riportando la completa sovranità nel proprio Stato.
L’economia è solida e la finanza non indietreggerà facendo puntare gli occhi anche agli Stati Uniti d’America sull’isola britannica che già inizia a pensare di divenire l’Hong Kong ravvicinata all’Europa, forte anche di accordi con Malta che avrebbero garantito l’approvvigionamento di materie primarie anche nel caso di un No Deal.
Con il BREXIT una vittoria e popolo inglese, è avvenuto l’ammaina bandiera a Bruxelles in un modo molto discreto, il segno di una separazione storica dell’Inghilterra dall’Unione Europea, dove i ventisette Stati che ne fanno parte hanno negoziato un accordo che prevede comunque un periodo di transizione ma sconfessa la forza del Parlamento europeo di centro sinistra, sbilanciandolo verso le forze ora maggioritarie di centro destra.
Ma il BREXIT una vittoria che porterà conseguenze negli scambi commerciali dove andranno rinegoziati accordi, compresi quelli inerenti gli immigrati nel Regno Unito che lavorano normalmente ed in attesa di ottenere una residenza stabile, i passaporti che saranno necessari per entrare ed uscire dal Regno Unito e comporterà quasi sicuramente una movimentazione di denaro enorme e delocalizzazione di aziende allettate da una zona vicina con bassa tassazione e non problematicità sulle movimentazioni del contanti come avviene per alcuni Stati europei,
Anche il settore della pesca rimarrà comunque salvaguardato e potrà continuare a pescare in acque comunitarie e viceversa e durante il periodo di transizione, le banche inglesi, potranno continuare ad operare sul continente, ciò ha evitato un’uscita senza accordo, il NO DEAL, dove in cambio il Regno Unito continuerà ad una minima partecipazione del bilancio europeo.
Esisterà una sorta di partenariato tra il Regno Unito e l’Unione Europea, per consentire accordi e negoziati che non provochino il caos commerciale ed affollamenti alle frontiere europee e britanniche.
Il progetto britannico di trasformare l’Isola in un centro accogliente per la finanza internazionale e per le imprese europee è ciò che spaventa maggiormente i 27 Stati europei ma bisogna tener presente che se non è un Paese amico come la Gran Bretagna a muoversi in tal senso, esistono altri Stati facenti parti del blocco dell’Est quali la Croazia, l’Albania e la Romania, che pur aspirando ad una futura adesione nell’Unione Europea, già effettuano garantismo agli spostamenti valutari ed alla delocalizzazione d’impresa oltre che di pensionati come in Portogallo.
Il futuro per il Regno Unito è ancora tutto da scrivere ed il BREXIT lo possiamo considerare una vittoria per il popolo britannico che ha saputo reagire alle pressioni di un’Europa di banchieri dove anche l’Italia ha riuscita, grazie ad un centro sinistra becero ed un centro destra senza soluzioni e di soli annunci, entrare nella spirale di sudditanza economica senza batter ciglio per mezzo del MES che la porterà nel corso del tempo verso un default al pari della Grecia di dieci anni fa se non inizierà subito un cambio di rotta che, speriamo non sia già tardi.